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Vitamina D

giornaliera come il sole

di Francesca Mister*

Per vitamina D si intende un gruppo di pro-ormoni liposolubili costituito da cinque diversi composti, caratterizzati dalle sigle D1, D2, D3, D4 e D5.

Le forme più importanti per noi e nelle quali possiamo trovare la vitamina D sono:

D2, o ergocalciferolo, di provenienza vegetale.

D3, o colecalciferolo, sintetizzata negli organismi animali e derivata dal colesterolo.

L’unità di misura della vitamina D è oggi espressa in unità internazionali (UI) e basata su standard universalmente accettati.

La vitamina D ottenuta con l‘esposizione solare, o in minima parte, attraverso la dieta è presente in una forma biologicamente non attiva e deve subire due reazioni di idrossilazione prima di essere trasformata nella sua forma attiva, il calcitriolo. Essa viene sintetizzata sulla cute per mezzo dei raggi solari UVB. E’ liposolubile e viene assorbita (meglio se in presenza di grassi) a livello duodenale e digiunale, e distribuita al tessuto adiposo dal quale viene liberata in piccole quantità rispetto a quelle immagazzinate; pertanto soggetti in cui è presente una maggiore massa adiposa tendono a sequestrare in questo tessuto buona parte della vitamina D.

Le quantità di vitamina D prodotte dipendono dai raggi UVB, dalla superficie cutanea esposta, dal suo spessore e dalla pigmentazione, dal vestiario, dall’inquinamento, dall’età del soggetto e dalla durata dell’esposizione solare. Esistono recettori per questa sostanza praticamente in ogni cellula e tessuto del corpo. Nei mesi estivi la sovrapproduzione di vitamina D ne consente un modico accumulo, che può servire per il periodo invernale, anche se per poco tempo.

Si stima che oltre un terzo della popolazione mondiale abbia bassi livelli di vitamina D. Mentre in Italia si stima una carenza di vitamina D addirittura nell’80% della popolazione, dati forniti dal Congresso della Società Italiana dell’Osteoporosi, del Metabolismo Minerale e delle Malattie dello Scheletro (SIOMMS).

Le fonti alimentari

Figura 1 – Il contenuto medio di vitamina D negli alimenti

Le fonti alimentari di vitamina D sono scarse e soprattutto di origine animale. Quello più ricco è l’olio di fegato di merluzzo, un cucchiaio da tavola ne contiene circa 1360 UI; poi vanno ricordati il salmone, lo sgombro, il tonno, le sardine, ecc., tutte fonti animali. Rispetto a queste, quelle vegetali hanno scarsissime quantità della forma D2, meno potente.

Essendo la vitamina D liposolubile, associarne l’assunzione con cibi che la contengono ad un buon olio, ne favorisce l’assorbimento. Una valida scelta ricade sul grasso di cocco.

Anche i metodi di cottura sono importanti: sottoporre gli alimenti a calore elevato friggendoli, bollendoli o arrostendoli, ne riduce il contenuto di vitamina D, come pure degli altri nutrienti. Meglio quindi prediligere cotture delicate, come il vapore e il forno a basse temperature.

I vegetariani possono puntare sulle uova (tuorlo in particolare) e sui latticini: yogurt, poco burro crudo da spalmare sul pane o da usare come condimento. L’importante è scegliere prodotti di altissima qualità, provenienti da animali allevati al pascolo. Dato che l’abuso di questi alimenti può predisporre a varie problematiche di salute, è opportuno non superare le 2-3 porzioni settimanali. Da evitare in ogni caso i prodotti light o scremati, dato che la vitamina D si trova proprio nella frazione grassa.

Quanto ai vegani, abbiamo già visto che gli alimenti vegetali non sono una fonte affidabile di questa vitamina; al massimo si può trovare la D2, che è la forma meno attiva. Piccoli apporti si possono ottenere però dai germogli di alfa-alfa, dalle alghe clorella e spirulina. Sono chiaramente insufficienti per coprire il fabbisogno di questa vitamina, che per tal motivo, spesso, aggiunta alle bevande vegetali.

Dose giornaliera raccomandata per la Vitamina D

La RDA attuale per la vitamina D (2008) è stata individuata sulla base dei livelli stabiliti nel 1997 per consentire la prevenzione del rachitismo e altre malattie scheletriche. Tale dose è stata individuata e identificata in 400 UI giornaliere.

Dobbiamo tener presente che durante un’esposizione al sole di circa 20 minuti, la nostra pelle può sintetizzare al massimo dalle 15.000 alle 20.000 UI al giorno. In questo caso non potremo avere un sovradosaggio, in quanto il nostro corpo distrugge l’eccedenza. Ma questa osservazione serve anche a capire quanto siano distanti le 400 UI raccomandate rispetto alle 15.000 UI naturalmente prodotte. La domanda sorge spontanea: dovremmo dare più retta alla natura e alla saggezza del nostro corpo o alle autorità governative che deliberano riguardo ai fabbisogni individuali?

Figura 2 – Assunzione di vitamina D raccomandata

L’unità di misura della vitamina D nel sangue è il nanogrammo(ng)/millilitro(ml). I valori di riferimento ufficiali per dosare la vitamina D nel sangue sono quindi i seguenti:

  • < 20 ng/ml = deficienza;
  • da 21 a 29 ng/ml = insufficienza;
  • da 30 a 100 ng/ml = sufficienza;
  • >150 ng/ml = eccesso.

Purtroppo ci sono ancora molti ostacoli ad un uso appropriato di questa sostanza. La vitamina D è una delle sostanze meno costose e assolutamente non brevettabile, per cui non può rappresentare una fonte di guadagno per l’industria farmaceutica. A causa dell’enorme quantità di denaro coinvolto nel mercato dei farmaci, anche la diffusione di queste conoscenze nell’ambito della comunità medica è strettamente controllata e limitata.

Guida pratica all’integrazione e al mantenimento di Vitamina D

Questa piccola guida ha lo scopo di fornire istruzioni precise su come fare integrazione di vitamina D. Tante persone sono così confuse quando sentono parlare di vitamina D, specie quando scoprono che il loro livello è basso, ed allo stesso tempo trovano voci discordanti da parte dal medico di base. Pertanto, vengono qui riportati un insieme di consigli utili per definire un “Protocollo” che sarà sempre da personalizzare in base alle proprie esigenze e patologie, per aiutare a gestire il proprio percorso verso la correzione dei bassi livelli di vitamina D.

Le 5 fasi della guida all’integrazione e al mantenimento di vitamina D

FASE 1: scoprire se è possibile assumere vitamina D con o senza prescrizione medica.

Prima di tutto assicurarsi che non sussistano possibili controindicazioni all’integrazione della vitamina D, come per esempio un’ipercalcemia o malattia paratiroidea.

Se non sono presenti nessuna di queste condizioni, è possibile proseguire al passaggio 2.

FASE 2: perché fare l’esame del sangue 25(OH)D.

Prima di procedere all’integrazione di vitamina D è necessario conoscere il proprio valore ematico di 25(OH)D; non è consigliato integrare la vitamina D senza conoscere il livello nel sangue.

L’esame in un laboratorio privato ha un costo di circa 25€. E’ importantissimo aggiungere all’esame Vit D 25(OH) anche calcemia, paratormone e omocisteina. La calcemia sarà indicativa per decidere se e come integrare la Vit D, il Paratormone sarà un valore di riferimento importante nei successivi controlli, e l’Omeocisteina altrettanto indicativa perché con valori bassi di vitamina D potrebbe essere troppo alta ed andrebbe corretta inserendo anche vitamina B e acido folico, onde evitare rischi cardiovascolari.

Conoscere il proprio livello attuale di Vit D è davvero obbligatorio per diversi motivi:
• Probabilmente una volta conosciuto il proprio valore di vitamina D nel sangue, ci si sorprenderà di quanto sia basso e potrà sensibilizzare amici e parenti a farlo controllare. Quando invece non si conosce il proprio livello di vitamina D prima di iniziare ad integrarla, ma lo si farà in seguito, non si avrà l’esatta percezione del problema e si penserà che “non sia così grave”.

• Quando non si conosce il livello, si pensa che servano dosaggi molto più bassi. Inoltre, si sprecano 3 o 4 mesi assumendo dosi inadeguate perché ci si sente sicuri di avere un buon livello di vitamina D e non se ne ha bisogno. E’ bene tener presente che livelli buoni (da 50 a 100 ng/ml) di vitamina D sono associati a una riduzione dell’incidenza di patologie, mentre livelli di vitamina D bassi (10- 20 ng/ml) possono rendere vulnerabili a molte malattie.

Quando si avrà il risultato delle analisi per la vitamina D, è possibile passare alla fase successiva.

FASE 3: come leggere ed interpretare il referto dell’esame Vit D 25 (OH).

Nel momento in cui si avrà il proprio referto dell’analisi, è necessario cercare il proprio risultato e confrontarlo coi valori normali. Le più note ed usate unità di misura sono ng/ml (nanogrammi per millilitro) ed nmol/L (nanomole per Litro).

• Se il valore è inferiore a 30 ng/ml, è necessario al più presto fare un’integrazione di vitamina D.

• Se il valore è compreso tra 30 e 50 ng/ml, è necessario continuare l’integrazione di vitamina D per almeno altri 3-4 mesi.

• Se il valore è compreso tra 50 e 80 ng/ml, è possibile attuare il dosaggio di mantenimento; si veda la fase n.5.

• Se il valore è superiore a 80-100ng/ml, allora sarà necessario ridurre o interrompere l’assunzione di vitamina D a seconda delle circostanze.
• Se avete superato 100 ng/ml di vit D 25(OH) o anche di più non bisogna farsi prendere dal panico, la vitamina D non è tossica fino a 150 ng/ml.

FASE 4: quanta vitamina D è necessario integrare per correggere la carenza?

Se negli esami del sangue il valore di vitamina D è inferiore al normale o addirittura insufficiente (ovvero meno di 30ng/ml) conviene che si proceda ad un’integrazione di vitamina D senza esitare.

L’integrazione può essere prescritta dal proprio medico, se ne conoscesse l’importanza, magari prescrivendovi delle megadosi settimanali, ma se non lo farà, è possibile provvedere in autonomia a trovare il dosaggio giusto. Il modo migliore, secondo i maggiori esperti mondiali sulla vitamina D, è integrare una quantità giornaliera di 10.000 UI di vitamina D3, che è una dose detta “fisiologica” perché è la stessa quantità che il corpo produrrebbe stando esposto al sole non coperto e senza avere problemi di tossicità. Durante l’integrazione di vitamina D è importante bere molta acqua (almeno 2 litri al giorno) e fare esercizio fisico compatibile con le proprie condizioni di salute.

FASE 5: Dosaggi di mantenimento, come integrare per restare sui giusti valori?

Dopo circa 3 mesi d’integrazione con la vitamina D, è opportuno controllare di nuovo se il valore nel sangue è salito e se è buono (oltre 50-80 ng/nl) ed in base al valore di calcemia e paratormone si può decidere di proseguire riducendo o dimezzando la dose iniziale. Per semplificare la lettura degli esami, il calcio deve essere normale ed il paratormone il più vicino ai range minimi.

Passando da 10.000 UI al giorno si potrebbe scendere a 8.000 o anche 5.000 UI o anche di meno se ci si espone alla luce solare nel modo corretto. Non è facile trovare subito il dosaggio di mantenimento, per questo è meglio fare successivi controlli a distanza di due o tre mesi dalla riduzione del dosaggio per vedere come va. Se i valori sono rimasti costanti, quello è il dosaggio di mantenimento.

Controindicazioni e avvertenze

C’è un numero estremamente ridotto di controindicazioni alla integrazione di vitamina D. In elenco le condizioni in cui è necessario ottenere il benestare dal proprio medico prima di assumere qualsiasi forma di vitamina D, ed in cui si dovrebbe essere monitorati più da vicino rispetto a persone senza queste condizioni.

  • Ipercalcemia, i livelli ematici del calcio sono alti. I livelli di calcio ematico alto o le condizioni che possono portare a livelli elevati di calcio come: sarcoidosi, tubercolosi, malattia paratiroidea o avere subito un trapianto di organi sono controindicazioni alla vitamina D.
  • Malattia paratiroidea. Se si è in presenza di una malattia paratiroidea e si subisce un intervento chirurgico per correggerla, allora è necessario parlare con il proprio medico circa l’avvio della terapia con vitamina D, perché la malattia paratiroidea molto frequentemente causa la caduta dei livelli di vitamina D per evitare che i livelli di calcio aumentino ulteriormente.

Si possono anche verificare una serie di condizioni e stati di malattia in cui bisognerebbe assolutamente correggere la carenza di vitamina D, ma integrando con la supervisione del medico e frequenti controlli ematici. Purtroppo di solito la scelta più frequente del medico è quella di non integrare affatto.

  • Calcoli renali. Una storia di calcoli renali non è una delle controindicazioni ad integrare la vitamina D, non c’è prova infatti che la vitamina D contribuisca ad aumentare la formazione di calcoli renali.
  • Insufficienza renale e la dialisi. L’insufficienza renale e anche la dialisi non sono controindicazioni alla integrazione di vitamina D. L’uso della vitamina D è molto ben studiato nei soggetti con insufficienza renale e sembra essere molto utile in termini di miglioramento dell’umore, prevenzione o ritardo dell’iper-paratiroidismo e sembra persino migliorato il tasso di sopravvivenza.
  • Aumento del dolore con assunzione di vitamina D. Un aumento dei sintomi del dolore dopo l’avvio della terapia con vitamina Dnon rappresenta un effetto secondario della vitamina D, ma non si nega che si possa creare, e la spiegazione è molto semplice. Il dolore è dovuto al fatto che la vitamina D costringe il calcio a ritornare nelle ossa demineralizzate. L’acqua viene assorbita dalle ossa insieme al calcio. Questo gonfia le ossa leggermente e spinge contro il periostio, la membrana non flessibile che avvolge le ossa. Il periostio ha un numero significativo di recettori del dolore e questo può essere vissuto come dolore osseo. Per coloro che hanno già un dolore da carenza di vitamina D, il dolore può peggiorare, mentre quelli che non hanno dolori alle ossa, potrebbero provarlo al primo approccio terapeutico. Questo dolore riferito alle ossa è temporaneo e dovrebbe risolversi in poche settimane. Poiché il dolore è un’indicazione delle ossa demineralizzate, è probabile che l’interruzione della terapia lasci queste persone con le ossa che continuano a diventare demineralizzate. Capire perché il dolore viene vissuto e tentare di gestirlo con antidolorifici naturali, magnesio, relax, bagni caldi, ecc. è sicuramente un’idea migliore.
  • Neonati e anziani. Né l’infanzia né l’età avanzata sono controindicazioni alla vitamina D. In effetti, entrambe queste categorie vengono trascurate, in quanto hanno probabilmente più bisogno di vitamina D rispetto ad altre categorie di età, ma sono meno propensi ad ottenerlo.
  • Cancro o malattie gravi. La vitamina D dovrebbe essere uno “standard di cura” richiesto per quasi tutte le malattie gravi che ci sono. Migliora il sistema immunitario, migliora l’umore, protegge le ossa dalla demineralizzazione che si verifica con dialisi, chemioterapia, steroidi e immobilità.
  • Allergico alla vitamina D. Mentre l’allergia sarebbe una controindicazione, tuttavia, praticamente nessuno ha una vera reazione allergica a questa vitamina. È necessaria per la vita! Ci sono alcune persone che ottengono effetti collaterali dalla vitamina D come prurito, ma questo è spesso a causa degli ingredienti e/o eccipienti della vitamina D stessa.
  • Malattia epatica o insufficienza epatica. Malattia epatica e/o insufficienza epatica non sono una delle controindicazioni alla vitamina D. Mentre ci vuole un fegato sano per convertire la vitamina D nella sua forma attiva, basta semplicemente prendere più vitamina D per ottenere i livelli ematici fino ai livelli raccomandati di vitamina D. Ma non vi è alcun motivo per non prescrivere vitamina D in caso di malattie del fegato, ma anzi le persone che soffrono di questa problematica dovrebbero avere più vitamina D al fine di fornire al loro sistema immunitario tutto l’aiuto che possono ottenere.

In conclusione, sono poche le persone che rientrano nell’unica categoria di alti livelli di calcio, che è l’unico e principale problema della terapia con vitamina D. Pertanto, non ci sono controindicazioni assolute alla integrazione di vitamina D se il soggetto è in grave carenza, perché la vitamina D è una sostanza essenziale per la vita del corpo umano. Ci sono, invece, condizioni in cui è meglio integrare solo in presenza di un monitoraggio accurato da parte del medico e con controlli più frequenti resi dagli esami ematici.
Gli studi hanno poi mostrato che esistono alcune molecole e gli integratori che lavorano bene con la vitamina D e sono in particolare magnesio, vitamina K, vitamina A, boro, Omega 3 e vitamina B.

Le patologie dovute a carenza di vitamina D

Come è possibile che la vitamina D possa avere una così ampia gamma di benefici terapeutici in relazione alla salute umana? Semplice: i VDR (i recettori della vitamina D) sono presenti nella maggior parte delle cellule e dei tessuti del corpo (intestino tenue, colon, osteoblasti, linfociti T e B attivati, le cellule beta pancreatiche e la maggior parte degli organi del corpo, compreso il cervello, il cuore, la pelle, le gonadi, la prostata, la mammella e le cellule mononucleate).

Figura 3 – I VDR della vitamina D

L a ricerca mostra che livelli più alti di vitamina D possono aiutare a prevenire e/o trattare diverse patologie. Tra le patologie legate alla carenza di Ormone D vi sono:

– patologie cardiovascolari, come ipertensione arteriosa;

– dell’apparato respiratorio, come asma, allergie e malattie invernali, come l’influenza;

– della pelle, come acne, eczema, tumore alla pelle, capelli, lupus eritematoso cutaneo, melanoma, orticaria;

– dell’apparato gastro-intestinale, come prevenzione al colon irritabile e al Morbo di Crohn, Steatosi Epatica, gastrite, per migliorare il microbiota intestinale e la situazione di obesità;

– dell’apparato osteo-schelettrico, come artrite reumatoide, osteoporosi e osteopenia;

– del sistema nervoso, come Alzheimer, Parkinson, Disturbo del Deficit di Attenzione nel Bambino, autismo, depressione, epilessia, emicrania e cefalea primaria, fibromialgia, miastenia gravis, sclerosi multipla;

– dell’apparato urinario, come insufficienza renale e vescica iperattiva;

– del sistema endocrino, aumento del colesterolo, Diabete di tipo 1, tiroide di Hashimoto;

– dell’apparato sessuale legate alla prevenzione dell’aborto, a patologie ginecologiche, al mantenimento della fertilità, a sindrome premestruale, al parto, allo sviluppo del feto e dell’allattamento.

Vitamina D e CoViD-19

All’inizio poteva sembrare solo un consiglio da web, o addirittura una fake news: la vitamina D può aiutare a prevenire il rischio di contrarre il Covid-19. La sua carenza invece è un fattore di rischio.

In Italia era stato confermato da due docenti dell’Università di Torino, Giancarlo Isaia e Enzo Medico.
I loro primi dati dimostravano che molti pazienti ricoverati per la patologia presentano un’elevatissima prevalenza di Ipovitaminosi D. Ma erano subito stati criticati perché “non convalidati scientificamente”.

Ora però uno studio ufficialmente pubblicato dai ricercatori della Università di Cambridge e del Queen Elizabeth Hospital di Londra, dimostra che in Europa esiste un’associazione tra bassi livelli di vitamina D, il numero dei casi e il tasso di mortalità. Gli studiosi hanno in particolare analizzato la situazione in Italia e in Spagna, dove sono stati riscontrati i tassi di mortalità più elevati, e hanno dimostrato che le popolazioni di entrambi i Paesi hanno in media livelli più bassi di Vitamina D rispetto al resto della popolazione europea.

Livelli più alti di Vitamina D, invece, si trovano nel nord Europa, sia perché molte persone assumono integratori, sia perchè i cibi sono fortificati, sia perché essendo l’irradiazione solare meno potente, non viene evitata (come capita al sud) né si usano creme solari che impediscono l’assorbimento dei raggi UVB. Ovviamente non si tratta di assumerla pensando che possa effettivamente essere una panacea, perché sono tanti i fattori che determinano la gravità della malattia. Ma è sicuramente possibile dire che disporne una buona quantità favorisce condizioni migliori di salute.

Come viene evidenziato nel grafico, i casi di persone che hanno contratto il virus e i casi di mortalità sono più frequenti se i livelli di vitamina D sono inferiori alle 50 nmol/L. Mentre i casi diminuiscono notevolmente con valori compresi tra i 50 nmol/L e gli 80 nmol/L, scomparendo sopra gli 80 nmol/L.

Figura 4 – Livelli medi di vitamina D rispetto a casi di Covid-19 e mortalità su 1 milione di abitanti.

*Il presente articolo è stato estratto dalla tesi “Vitamina D: giornaliera come il sole”, di Francesca Mister diplomatasi presso l’Accademia di Naturopatia, il 26 settembre 2020. Francesca, esperta in nutrizione sportiva, segue da anni atleti e sportivi, promuovendo uno stile di vita sano e naturale e con un’attenzione particolare all’integrazione sportiva e al benessere. Da circa 2 anni Francesca fa parte di un gruppo di medici, nutrizionisti e ricercatori chiamato “Senza paura”, con lo scopo di divulgare il corretto uso e assunzione di vitamina D.

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2021-04-24T16:53:16+02:00
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