La Storia dell’Iridologia
a cura di Marino Lusa
Questo articolo, dell’Iridologo e Naturopata Marino Lusa, corrisponde all’introduzione e al primo capitolo del libro “L’iridologia e la salute dagli occhi” – Xenia Editrice.
Gli autori degli altri capitoli sono il Dott. Daniele Lo Rito e il Dott. Lucio Birello.
Il libro, divulgativo e coinvolgente, è indirizzato ai potenziali Iridologi, ma anche a un pubblico più vasto di seguaci della Medicina Naturale.
Il presente articolo costituisce la prima parte di un lavoro molto più ampio.
Etimologia della parola “Iridologia”
La parola “IRIDOLOGIA” è composta da due parti: “IRIDO” e “LOGIA”.
La prima parte deriva dalla parola Iride, che è:
“Il segmento della membrana vascolare dell’occhio, che costituisce un diaframma contrattile, variamente colorato, formato da lamelle irradiantesi dal suo centro. Essa e’ posta davanti al cristallino e circoscrive la pupilla”.
La seconda parte significa: “Studio e trattazione di…” quindi il significato completo del termine è: Studio e trattazione dei significati dell’iride.
Uno dei simboli iconografici più antichi, è quello del triangolo con all’interno un cerchio; la tradizione popolare dice che esso raffigura l’Occhio di Dio.
Secondo il suo vero e profondo significato invece, il triangolo ed il cerchio sono due lettere di un antico alfabeto medio orientale Fenicio, Ebraico, Aramaico, che risale a 3600 anni fa.
Le due lettere sono la “AIN” (il cerchio) che significa letteralmente l’Occhio e la “DALED” (il triangolo) che significa la Porta (un segno con valore numerico 4).
Studiando la parola Ain = occhio, lettera per lettera, se ne scopre il vero significato, a conferma che l’iridologia è una scienza medica antica; questa parola deve infatti essere così ridefinita:
L’Eternita’, la Luce, l’Intellettualita’, introdotta in un corpo convesso, oscuro, tenebroso, per poter portare nella manifestazione gli organi del corpo.
Tale definizione è stata ricostruita sulla base degli antichi alfabeti, compreso il Fenicio, l’Egizio, l’Ebraico e successivamente l’Arabo; lingue che hanno delle particolarità inesistenti nelle lingue moderne. Le lettere dei loro alfabeti sono segni, glifi che indicano ognuna delle idee, dei concetti ben precisi.
Il compositore delle parole, le formava tenendo conto del significato delle singole lettere.
Ecco come mai, dopo migliaia di anni è possibile ricostruire, attraverso l’analisi delle radici e delle singole lettere formanti la parola da analizzare, il senso nascosto che l’autore di quella parola/grafia aveva in mente mentre la coniava.
L’iridologia nelle sue attuali definizioni
“L’Iridologia è un metodo che determina, attraverso l’esame dell’iride, la sede e la natura dei disturbi presenti in altre parti del corpo. E’ detta anche iridoscopia. L’iride in effetti è in comunicazione con il sistema cerebro-spinale e con quello simpatico, così che qualsiasi alterazione dell’equilibrio ne modifica la struttura sotto forma di macchie, segni, colorazioni, alterazioni del pigmento, ecc…”
(Enciclopedia Larousse)
“L’Iridologia è lo studio dell’iride, particolarmente del suo colore, delle tracce, delle variazioni, ecc., posto in relazione alle malattie.”
(Dorland’s Illustrated Medical Dictionary – XXVII Ed.)
“L’Iridologia è un metodo che cerca di determinare, attraverso l’osservazione analogica dell’iride, le modalità reattive di fondo dell’organismo (inteso come un insieme integrato) e la predisposizione costituzionale a sviluppare patologie in specifiche zone topografiche della struttura fisica”.
“L’analisi dell’iride è per definizione: individuare dall’osservazione delle iridi i diversi stadi di sviluppo dell’infiammazione del tessuto e dov’essa è situata. Anche le debolezze intrinseche possono essere individuate, quali che siano e dove.”
(B. Jensen)
“Nell’iride si nota lo stato di salute del nostro corpo; ci dice il grado di costituzione fisico-organica; ci denuncia anzitempo l’evolversi di una manifestazione patologica, una possibile recettibilità del male; ci conferma l’origine d’esso e se è di indole ereditaria oppure se è stato acquisito nel corso dell’esistenza.”
(L. Costacurta)
“L’iridologia si aggiunge con successo ad altri metodi tradizionali già in uso, permettendoci di migliorare la prevenzione e il risultato finale…”
(J. Angerer)
“L’Iridologia è una scienza che ci permette, attraverso l’esame della parte anteriore dell’occhio, di formulare delle ipotesi sullo stato di salute o di malattia della persona esaminata.”
(D. Lo Rito – L. Birello)
“L’esame dell’iride può rivelare la causa nascosta di molti disturbi…”
(P. Fragnay)
“L’Iridologia di per sé ha poco valore se non è accompagnata da un’anamnesi corretta e da metodi diagnostici complementari che ci confermano le predisposizioni riflesse nell’iride.”
(J. L. Berdonces)
Origini dell’Iridologia
Le origini dell’Iridologia Orientale
Le prime tracce dell’interesse per l’occhio, utilizzato per cogliere gli aspetti della personalità e la funzionalità dell’organismo, risalgono a circa duemila anni prima di Cristo, anche se alcuni autori situano l’inizio della “tecnica iridologica” antecedentemente al 4000 a. C.
Antichissimi libri di scienza, opere di medicina indiana e cinese, riportano le prime osservazioni conosciute sull’occhio e sull’iride, studiati per conoscere la salute del soggetto. L’interesse di questi studi era rivolto all’individuazione delle relazioni tra gli esseri umani, le cose della natura ed il cosmo.
“Ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò che è in alto è come ciò che è in basso” scriveva d’altra parte Ermete Trismegistro.
In antiche opere di Medicina indiana (ayurvedica) e Cinese, le più antiche delle quali risalenti al 2000 a. C., sono presenti osservazioni sistematiche sull’occhio di rilevanza iridologica, anche se inserite in un contesto concettuale assai diverso dal nostro e quindi di difficile comprensione.
Va ricordato che anche nella prima Medicina Tibetana nell’ambito della cura ai malati, lo stato patologico veniva rilevato attraverso i diversi segni e colori che apparivano nelle iridi e negli occhi in generale.
La medicina tradizionale cinese
Già l’antichissima cultura medica legata alla tradizione cinese utilizzava l’osservazione dell’iride e più in generale dell’occhio, per fini diagnostici.
L’imperatore cinese Chen Lung nel 1724, propone la suddivisione dell’iride in cerchi concentrici, che sarà poi ripresa dalla moderna topografia anulare.
Nel trattato “Yi Zong Zin Zian” pubblicato nel 1742, vengono indicate otto zone (o rappresentazioni oculari) correlate con altrettanti elementi, in cui si riflette lo stato di salute di organi, visceri e funzioni organiche.
Le origini mediterranee ed europee dell’Iridologia
La medicina egizia (II millennio a. C.)
Va anzitutto premesso che la scienza Egizia era una derivazione di quella Atlantidea integrata anche, per alcune sue forme, con quella Caldea, Ittita e Mesopotamica.
Erodoto ci informa quanto fossero rinomati gli oculisti egizi; la cosa che il re persiano Ciro (VI sec. a. C.) desiderava di più dal faraone Ahmose II (XXVI Dinastia) era appunto un oculista, il migliore che ci fosse; sembra che questo episodio giocò un ruolo molto importante nell’invasione persiana dell’Egitto nel 525 a. C.
Nella cultura egizia, l’occhio è per l’uomo ciò che il sole è nell’universo; nel mito e nel culto l’Occhio di Horus, figlio di Iside e di Osiride, è uno dei motivi più frequenti e significativi.
Narra il mito che Horus, vendicando la morte del padre ucciso da Seth per sottrargli il potere, lo uccida. Nel duello però, Seth prima di essere abbattuto da Horus, riesce a strappargli un occhio lacerandolo e seminandone i pezzetti sulla sabbia del deserto (dove germineranno i fiori di loto).
Thot, il dio soccorritore per eccellenza, invocato da Iside, risana la ferita e restituisce integrità all’occhio di Horus. Questi, che perde un occhio e lo riconquista, assume fattezze di uomo con testa di falco e diventa il simbolo dell’eterna lotta tra la luce e l’oscurità, assumendo funzioni adiuvanti di dio della salute e del benessere contro le tenebre del male e della malattia.
Thot, per parte sua, assume particolare potere sulle malattie degli occhi, frequenti in Egitto per via del sole abbagliante, del vento e della sabbia, nonché importanti dal momento che una di esse, il tracoma, era forse la maggiore tra le “dieci piaghe d’Egitto”, quella correlata ai tafani parassitanti le cisposità oculari. (G. Comacini)
Secondo i canoni moderni, gli oftalmologi egizi, chiamati Swnw Irty, avevano una conoscenza anatomo-fisiologica dell’occhio carente: è conosciuta solo la parte esterna dell’organo, “l’iride-pupilla“ che fornisce il liquido lacrimale (pupilla = fanciulla dell’occhio).
Nel libro “Cuore e vasi” si suppone siano quattro i vasi, due per ognuno, che interessano gli occhi: dal cuore alle tempie. Vasi che portano sangue e malattie di ogni genere. Malattie possono venire anche dal di fuori per opera di magia, intrufolandosi nell’occhio sinistro. (G. Imperiali)
Alcuni passi dei più importanti papiri medici, sembrano indicare in modo specifico il collegamento delle manifestazioni oculari con malattie generali e di organi interni.
Per esempio nel papiro Ebers, compilato nel 1500 a. C., si legge:
“Un occhio in cui è apparso ogni evento infausto”. (Ebers 392)
Nei testi egizi più antichi (Berlino 3038, Carlsberg VIII) troviamo comunque anche un indizio esplicito dell’Iridologia:
“La donna sia fatta stare nel vano di una porta, possibilmente illuminata dal sole. Se i suoi occhi sembrano diversi, come se uno fosse l’occhio di un asiatico, l’altro occhio di un nubiano, essa non partorirà. Al contrario se gli occhi sono dello stesso colore”.
E’ probabile che l’antico medico egizio, nonostante i limiti della sua anatomia e fisiologia, avesse sviluppato una qualche teoria riflessologica, una visione olistico-analogica, per collegare i segni oculari con le funzioni e le patologie di altri organi interni. (G. Nuti)
La medicina mesopotamica (I millennio a. C.)
La Mesopotamia è stata per molti secoli la patria culturale dell’astronomia e proprio a questa dobbiamo la crescita e l’affermarsi dell’iridoscopia, che veniva considerata “scienza occulta“ e quindi tenuta segreta al popolo.
Gli astronomi mesopotamici vedevano nell’iride una rappresentazione della volta stellare e da essa studiavano il tema natale e la sua correlazione con i vari organi ed apparati. Sulla base delle variabili di data, ora e luogo di nascita, veniva tracciato attraverso l’iride, un piano astrale capace di determinare geneticamente le informazioni corrispondenti ad organi e funzioni con maggior rischio patologico.
Le concezioni analogiche esoteriche dei popoli mesopotamici erano legate al concetto di qualità del tempo (kairòs), che nulla ha a che fare con l’arco temporale, esprimendo il concetto che ogni punto e sezione di tempo possiede una precisa qualità che fa emergere, per sincronicità, solo le manifestazioni adeguate a quella qualità. I contenuti qualitativi di una determinata manifestazione corrispondono analogicamente alle qualità del tempo in cui accadono. Non potrebbero manifestarsi che in quel preciso momento. Sotto questo aspetto è fondamentale la qualità del tempo del concepimento e della nascita, che è espressa in maniera inequivocabile nell’iride. (O. Sponzilli)
Il legame fra Astrologia e Medicina, tipico della cultura mesopotamica, sembra riemergere dalle trattazioni riportate nel capitolo “Zodiaco dell’occhio” del libro astrologico di Libra :
“Tutto ciò che succede nel cosmo si riflette nell’uomo. Tale riflesso ha luogo nell’intero organismo e l’iride è fatta per farcelo riconoscere”.
Questo approccio permette di percepire l’uomo come integrato al cosmo, di cui diviene proiezione e particella. La sua specificità è data dall’attivazione o dalla disattivazione di determinate funzioni, mentre nella sua interezza è simile a tutte le altre forme di vita presenti nell’Universo. Il mondo minerale, quello vegetale, con la loro variegata morfologia strutturale, saranno referenti importanti per individuare similitudini utili all’uomo. Il fitoterapico o il minerale agiranno in proporzione alla percentuale di peculiarità rilevata con il soggetto beneficiario.
La “scienza” si poneva in pratica come obiettivo, l’unificazione di quello che ai cinque sensi appariva frammentario e questi erano colti come limitanti e ingannatori, al punto da definire il reale, “maja”, illusione.
In quegli anni l’idea di un principio cosmico, di cui tutti gli esseri fanno parte, era accettato.
Alcuni autori moderni, riferendosi specificatamente a prime fonti registrate, inscrivono la nascita della diagnosi iridologica nell’ambito della cultura Caldea che si basava su principi astrologici ancora più antichi. (G. Nuti)
L’Iridologia nella medicina ellenistica
Anassagora (499 – 428 ca. a. C.)
In uno dei suoi frammenti, diventato proverbiale, Anassagora afferma: “òpsis adèlon tà phainòmena”. Secondo la traduzione fornita da M. D. Grmek, ciò vorrebbe dire che “il visibile (phainòmena) è l’occhio (òpsis) dell’invisibile (adèlon), in altre parole:
“il fenomeno che appare è l’iridescenza di cose nascoste”.
Qui ci sembra, di poter cogliere l’allusione al metodo semeiotico dell’osservazione particolare dell’occhio (forse anche dell’iride), per risalire alla condizione generale interna del corpo.
Anassagora è il filosofo del “tutto in tutto“ e questa osservazione della parte (occhio) per conoscere il tutto (corpo), è coerente con la sua impostazione filosofica.
Tale impostazione sarà destinata ad influenzare notevolmente il metodo clinico analogico della Medicina Ippocratica. (G. Nuti)
Ippocrate (460 – 377 ca. a. C.)
Ippocrate di Cos, come sappiamo, era considerato il diretto discendente del divino Esculapio, fondatore dell’arte medica occidentale.
Nel libro “Epidemie”, a lui attribuito, troviamo scritto:
“Tali sono gli occhi, tale è il corpo”.
Ma una traduzione più dettagliata del passo, legge:
“Come sono forti gli occhi, così il corpo; e il colore può tendere al meglio o al peggio”.
Il riferimento alla “forza“ degli occhi, sembra indicare l’osservazione della forza strutturale dell’organo, come dato costituzionale stabile; mentre il loro “colore“ indicherebbe il mutamento e il progredire di una condizione di salute o di malattia; condizione che il testo Ippocratico collega poi allo stato di nutrizione dell’organismo.
Oltre a questo particolare e prezioso riferimento all’osservazione dell’occhio, più in generale possiamo identificare nel pensiero Ippocratico, una visione “olistica“ dell’organismo e della malattia, che poi fonda anche il metodo iridologico. (G. Nuti)
Nei “Luoghi nell’Uomo” infatti, Ippocrate dice: “Io credo che non esista alcun principio del corpo, ma che tutto sia ugualmente principio e fine; come nel disegno di un cerchio non si può trovare il principio, allo stesso modo le malattie derivano il loro principio da ogni parte del corpo…poiché nella più piccola sono presenti tutte le parti e queste comunicano e riferiscono tutto a ciascuna delle loro simili”.
In Ippocrate abbiamo anche l’interessante impostazione del problema del rapporto tra forma e funzione dell’organo. (Vegetti)
Per capire le proprietà delle strutture all’interno del corpo, bisogna riferirsi a ciò che è visibile all’esterno, attraverso il metodo analogico. (M.D. Grmek)
A questo riguardo, dal testo “Antica Medicina” leggiamo:
“Per proprietà intendo, a un dipresso, il punto di massima intensità e forza degli umori, per strutture intendo tutto ciò che vi è nell’uomo…E questo si deve comprenderlo a partire dall’esterno, da ciò che è visibile”.
Questa analogia Ippocratica fra forma esterna e funzione interna è la base non solo della moderna Morfotipologia, ma anche della moderna Iridologia. Tale disciplina può essere considerata infatti, una morfotipologia microcosmica rispetto al macrocosmo dell’organismo, inteso come un insieme costituzionale integrato. (G. Nuti)
Aristotele (384 – 322)
Del grande filosofo greco, viene qui riportato un breve ma significativo passo tratto dalla “Scienza della Fisiognomia” del “Segreto dei Segreti” a lui attribuito e che viene considerato il più antico e completo testo di fisiognomica giunto fino a noi:
“Dell’uomo che ha li suoi occhi macchiati – Ma quell’ uomo è pigiore di neuno dei sopradietti, li cui occhi sono macchiati di macchie bianche u nere u rosse d’intorno intorno (…)”
L’Iridologia nella cultura ebraica antica (VIII sec. a. C.)
I testi sacri
Nel capitolo del Levitico si legge:
“Nelle future generazioni, nessuno dei tuoi discendenti, se con un piede o una mano fratturati, se gracile e con la schiena curva o una macchia nell’occhio, potrà avvicinarsi all’altare per offrire sacrifici all’Eterno, poiché ha un difetto fisico”.
(Lv. 21, 17 – 20)
Possiamo leggere la frase “una macchia nell’occhio” di questo passo della Torah, come il segno di un’alterazione dell’integrità, cioè dell’equilibrio tra le parti di un organismo altrimenti sano.
Nel libro di Giobbe, si dice invece che “…dall’occhio si vede se uno perde energia…” (vv.11 – 20)
Pare questa, già la traccia di un’antica concezione medica che sapeva cogliere analogie insospettabili.
L’Iridologia nella cultura paleocristiana (I sec.)
I vangeli
Nel Vangelo di Luca è scritto:
“La lucerna del corpo è il tuo occhio. Se il tuo occhio è sano (puro), anche il tuo corpo è tutto nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre…se il tuo corpo è tutto luminoso e puro, senza avere alcuna parte nelle tenebre, tutto sarà luminoso, come quando la lucerna ti illumina con il suo bagliore”. (Lc. 11, 34)
Così Matteo:
“La lucerna del corpo è l’occhio. Se dunque il tuo occhio è terso (chiaro), tutto il tuo corpo sarà illuminato. Ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre”. (Mt. 6, 22)
Anche se la metafora ha come obiettivo finale un insegnamento morale e spirituale, non possiamo sottovalutare il fatto che l’analogia di partenza (il rapporto fra l’occhio ed il corpo; fra la parte ed il tutto), descrive una condizione fisiologica e patologica: il rapporto fra la malattia dell’occhio e la condizione di oscurità del corpo. (G. Nuti)
Sempre nei Vangeli, ed in particolare in quello di Giovanni, si afferma ancora che: “Perdere la vista equivale a scivolare nel peccato e riacquistarla è saper riconoscere la luce di Cristo”. (O. Sponzilli)
Gli autori dei vangeli erano degli Ebrei seguaci di Gesù il Nazireno, rabbino Esseno appartenente alla setta giudaica dei “nazirei”, il quale conosceva molto bene tutte le tecniche che erano ai suoi tempi patrimonio della cultura Essena, Ebraica, Egizia.
Le antiche usanze legate a queste culture, consigliavano ai malati di recarsi ad ogni malessere, dai Sacerdoti che a quei tempi erano i medici della psiche e del corpo, perché esaminassero e diagnosticassero i loro disturbi, fornendo loro anche le terapie adatte.
Questi antichi sacerdoti conoscevano oltre all’iridologia, anche le tecniche della medicina naturale: si vedano tutte le tecniche delle abluzioni, fanghi, immersioni, che furono “sacralizzate” nei battesimi, digiuni, voti, oppure le cure fatte alle sorgenti delle acque, l’urino-terapia, ecc.
L’Iridologia nella medicina monastica medievale
Ildegarda di Bingen (1098 – 1170)
La celebre mistica tedesca, fu costantemente animata da molteplici interessi, anche scientifici (medicina, scienze naturali, cosmologia), lasciando alla posterità numerosi testi, alcuni trattati, un ricco epistolario ed anche delle composizioni musicali.
Una sua descrizione molto poetica dell’occhio, recita: “La pupilla dell’occhio ha la somiglianza del sole; ciò che sta intorno alla pupilla è simile alla luna; la parte esterna bianca assomiglia alle nubi. L’occhio è composto di fuoco e di acqua”.
Sulla base del colore dell’iride, nel suo “Causae et curae”, la “visionaria del Reno” descrive cinque tipi diversi di occhi: occhi blu, occhi rosso fuoco, occhi misti, occhi verdi, occhi marroni. Ne correla poi le specificità caratteriali, fornendo tutte le indicazioni utili per la preparazione e la posologia dei rispettivi rimedi naturali più appropriati. (W. Strehlow)
“Le persone dagli occhi azzurri a volte sono spensierate, a volte avventate o sfrenate, oppure indolenti e maldestre. Ma tutto quello che fanno, lo fanno in maniera profonda. Chi ha gli occhi rosso fuoco è intelligente, acuto, irascibile. Le persone con occhi misti sono alquanto instabili, quindi a volte tristi, a volte allegre, ma basilarmente affidabili. Quelle con gli occhi verdi sono instabili, spensierate ed astute, sono portate ai lavori manuali e afferrano al volo quel che non conoscono. Chi ha gli occhi marroni è intelligente, aperto ai buoni consigli, ma timoroso nel suo agire”.
Rimedi:
Farmaco per gli occhi n. 1 : occhi azzurri (sensibili all’aria)
Farmaco universale: (tè di finocchio, impacchi di finocchio, bagni di finocchio, succo di finocchi).
Farmaco per gli occhi n. 2: occhi rosso fuoco (con anello evidente attorno alle pupille)
Vino di viole, rose, finocchio.
Farmaco per gli occhi n. 3: occhi misti (grigi con varie sfumature di colore, sensibili e reattivi alla luce, come all’acqua rifrangente e alle superfici innevate)
Vino alla cannella.
Farmaco per gli occhi n. 4: occhi verdi
Impacco di finocchio.
Farmaco per gli occhi n. 5: occhi marroni (reagiscono con sensibilità all’aria, alla nebbia e all’acqua; attenti ai cambiamenti di abitazione!)
Ruta, vino di miele.
A conclusione del paragrafo sulla Medicina Madievale possiamo dire che ci sono molti trattati dal ‘300 in poi sulla fisiognomica oculare, ma tutti si rifanno alla medesima fonte: il testo latino attribuito ad Aristotele, dal “Segreto dei Segreti”.
L’Iridologia nella medicina nel rinascimento
Leonardo da Vinci (1452 – 1519)
Un pensiero di tipo “olistico”, come quello che abbiamo trovato nello scritto Ippocratico del “Luoghi dell’Uomo”, è presente anche nella cultura Rinascimentale, che per molti aspetti recupera la filosofia greca classica. (G. Nuti)
In particolare Leonardo scrive: “D’ogni cosa la parte ritiene in sé della natura del tutto”. (Codice I, 90 recto – 1497-99)
Paracelso (1493 – 1541)
Teophrast Bombast von Hohenheim, grande medico e ricercatore del Rinascimento. Sebbene osteggiato dal mondo accademico e dalla Chiesa, lo scienziato di Basilea rivoluzionò le basi teoriche della scienza medica, collegandola alle conoscenze chimiche e biologiche del suo tempo.
In uno dei suoi 364 libri, evoca il principio base dell’Iridologia:
“Considerate l’occhio nella testa con quale arte ammirevole è costruito e come il corpo medio ha impresso così meravigliosamente la sua anatomia in quest’organo e vi ha lasciato la sua impronta. E’ da questa immagine e da questa impronta che deriva la conoscenza della medicina”.
Il bisogno d’imporsi evidenziandosi in un tessuto socio-culturale non ancora pronto ad accettare questo tipo di conoscenze, gli fu però fatale.
Giovan Battista dalla Porta (1540 –1615 )
Dopo l’antico testo di Aristotele, già citato in precedenza, la fisiognomica fu coltivata in epoca romana e per tutto il Medioevo ma ebbe il suo periodo di massima fioritura proprio durante il Rinascimento: l’opera più rilevante di quest’epoca è: “Della fisiognomia dell’uomo” di Giovan Battista Dalla Porta pubblicata nel 1586.
Il trattato, organizzato in vari volumi, descrive l’arte di osservare le fattezze fisiche degli esseri umani per trarne ogni sorta di informazione, anche e soprattutto di tipo psicologico e medico.
All’osservazione delle forme e dei segni che sono evidenti dagli occhi, il Dalla Porta dedica un volume intero, nella cui introduzione scrive:
“Sarebbe assai convenevole che nel libro passato, dopo il trattato delle ciglia, si fosse trattato degli occhi; ma poiché il trattar degli occhi è il maggiore e più importante negozio di tutta la Fisionomia, e bisogna trattar di loro più lungamente, gli abbiamo ridotti in questo luogo e daremo loro un libro particolare. Sono gli occhi veramente fra le nobilissime parti di tutto il corpo umano le principalissime, poiché i principali segni della Fisionomia si traggono dagli occhi.(…)
Alcuni han chiamato gli occhi porte dell’Anima, poiché come da certe porte così fuori balena l’anima.(…)
Dice Losso riferendo Alberto: la perfezione della Fisionomia si toglie dagli occhi, et i segni che dalli occhi si togliono sono i più veri et i più gagliardi di tutti quelli che si togliono dal volto; e quando i testimon degli occhi s’accordan con quelli del corpo, allora son verissimi: ma se quelli degli occhi discrepan dagli altri, allor devi lasciar gli altri et attaccarti a quelli degli occhi”.
L’iridologia nell’arte antica
Hyeronimus Bosch (1453 – 1516)
Nel poema allegorico “Pélegrinage de vie humaine” edito ad Haarlem nel 1486 è scritto: “La pupilla suprema è Gesù Cristo, specchio senza macchia nel quale ciascuno può vedere il proprio aspetto. Voi vi guarderete in questo specchio e condurrete la vostra vita secondo quanto vi vedrete, perché se voi vi guardate bene in esso, il vostro cammino sarà più leggero”.
Sicuramente è sotto queste influenze che il pittore, mago ed alchimista Hyeronimus Bosch dipinse intorno al 1480 il suo olio su tavola dal titolo “I sette peccati capitali e i quattro novissimi”, conservato al Museo del Prado di Madrid.
L’artista ha strutturato il tondo centrale della composizione come se si trattasse di un occhio che ha al centro, in corrispondenza della pupilla, il Cristo risorto e benedicente. Intorno a essa, in corrispondenza del collaretto, una raggiera luminosa ed infine, nella regione compresa tra quest’ultima e il bordo irideo esterno, le scene dei sette peccati capitali. (O. Sponzilli)
E’ importante ricordare che Bosch conosceva anche l’arte diagnostica e terapeutica basata sulla palpazione e sulla puntura o causticazione in punti specifici del padiglione auricolare, come appare da altri suoi dipinti. (F. Gazzola)
La basilica di Vezelay
I “frammassoni” che hanno eretto le cattedrali francesi conoscevano bene le relazioni esistenti fra l’Uomo e il Cosmo, e ce ne hanno lasciato una testimonianza nelle loro sculture; ad esempio quelle che si trovano all’interno della Basilica di Vézelay.
Il Cristo è sormontato dalla ruota dello zodiaco e al di sopra della sua testa, tra il Leone ed il Cancro, si trova il corpo dell’Uomo a formare la ruota, piegato all’indietro in modo che la testa tocchi i piedi, in una posizione simile a quella raffigurante gli organi nell’iride, spina dorsale compresa.
Secondo il famoso iridologo francese Gilbert Jausas fondatore dell’Iridologia Rinnovata, si è voluto dimostrare che esiste una corrispondenza tra il corpo umano suddiviso in dodici parti e i segni dello zodiaco. La proiezione dei nostri organi sulle iridi, dice infatti Jausas, segue il medesimo schema universale.
La medicina tra il XVII e il XVIII secolo
Phylippus Meyens (Philippe May – XVII sec.)
Questo medico, nato a Dresda in Germania, è autore di un trattato dal titolo “Chiromantica medica” ovvero “Phisiognomia medica” pubblicato a Le Haye nel 1665. Nell’opera, considerata il primo riferimento documentato all’analisi dell’iride, si descrive la possibilità di osservare nell’occhio umano i segni riflessi della condizione dell’intero organismo.
Nel testo, il Meyens si riferisce a tutta la fisiognomica oculare, cioè a tutte le parti semeiologicamente osservabili: cute periorbitale, palpebre, sclera, iride e pupilla:
“(…) Chi gode di una perfetta salute, ed è veramente felice e sano, deve avere gli occhi limpidi, senza linee, o macchie di sangue: perché dal momento che questi segni negativi si trovano negli occhi di una persona, bisogna che producano i loro effetti, secondo la loro grandezza. (…) Quando appaiono dei piccoli segni molto sottili, in occhi che in precedenza erano limpidi, significa che il fisico si è indebolito.
Quando si vuol sapere in quale parte del corpo si trova la debolezza, bisogna dividere gli occhi in quattro parti. La prima parte in alto, significa la testa. E siccome la testa ha una grande simpatia con lo stomaco, si potrà nello stesso tempo trovare le malattie che provengono dai vapori che salgono dallo stomaco.
Il lato destro degli occhi, indica tutte le membra del corpo che sono nella parte destra, come la mammella destra, il fegato, ecc. se ci sono dei segni infausti sul lato sinistro, vorrà dire che il cuore e la mammella sinistra sono indisposti, e in breve tutto il alto sinistro; e se l’umore è malinconico, è segno che la milza è sofferente.
Se le macchie si trovano nel mezzo, o vicino al centro dell’occhio, è segno che il corpo è indisposto e sofferente in mezzo al petto.
L’ultima parte degli occhi che è in basso, significa le viscere, l’apparato genitale e i reni, se una persona ha gli occhi cattivi in questa parte, cioè occupati da alcuni segni negativi, è soggetta alle coliche, all’ittero e alla tosse. (…)
Ci sono persone convinte che i segni e le vene negli occhi siano come dei raggi del Sole (Radii Solares) e pensano che siano positivi, ma tutti i motivi spiegati prima, dimostrano il contrario e tale opinione è falsa e senza fondamento”.
Possiamo quindi affermare che Chiromantica medica, rappresenta non solo una straordinaria anticipazione della moderna Iridologia, ma anche una concezione analoga a quella della Medicina Tradizionale Cinese.
Nel 1695 a Norimberga J. Sigmund Eltzholtz con una propria pubblicazione, continua ed approfondisce l’opera iniziata da Meyens.
Nel 1786, Christian Haertels pubblicherà una dissertazione intitolata “De oculo et signo” ovvero “L’occhio e i suoi segni”.
La medicina salernitana (800 ca. – 1811)
La Scuola Medica Salernitana includeva un insegnamento della diagnosi attraverso l’iride, forse come particolare sviluppo dell’eredità culturale ippocratica.
Troviamo un riferimento all’osservazione dell’occhio anche nel Fiore della Medicina di Salerno: “Quando è troppo il sangue, la faccia si fa rossa, l’occhio prominente…”
Inoltre il tema della Scuola di Salerno offre l’occasione per una riflessione sullo sviluppo del pensiero medico moderno e sul rapporto fra la scienza ufficiale e le pratiche mediche complementari.
Ufficialmente la Medicina antica muore a Salerno nel 1811 con l’editto Napoleonico che abolisce la Scuola Medica Salernitana, come esito finale della crisi della Medicina del XVIII secolo, conseguente al tramonto della teoria umorale classica.
Ma qui non si tratta semplicemente del prevalere della razionalità e della scienza sulla superstizione e l’empirismo; piuttosto del passaggio definitivo dal pensiero olistico-cosmologico antico a quello riduzionista e meccanicista moderno.
Quel pensiero olistico antico sopravviverà in epoca contemporanea soprattutto attraverso il metodo analogico dell’Omeopatia e lo sviluppo della Medicina Naturopatica, di cui l’Iridologia fa parte.
BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO
(1) S. Arcella , Iridologia, dottrina e pragmatismo , Marrapese Ed.
(2) J. L. Berdonces , Trattato di Iridologia , Red Edizioni
(3) H. Bosch , L’Opera Completa , Classici dell’arte – Rizzoli
(4) L. Costacurta , L’Iridologia , Ed. di Medicina Naturale snc
(5) G. Cosmacini , L’arte lunga , Editori Laterza
(6) P. Fragnay , Iridologia , Red Edizioni
(7) F. Gazzola , Corso di Iridologia , De Vecchi Editore
(8) Huang Ti , Nei Ching , Ed. Mediterranee
(9) G. Imperiali , L’Antica Medicina Egizia , Xenia Edizioni
(10) Ippocrate , Testi di Medicina Greca , BUR
(11) M. Ivaldi , Iridologia , Editorium
(12) G. Jausas , L’Iridologia Rinnovata , Nuova Ipsa Editore
(13) B. Jensen – D. Bodeen , Iridologia , Macro Edizioni
(14) R. Lanza , Iridologia in Naturopatia , Lucerna San Giovanni
(15) D. Lo Rito – L. Birello , Manuale di Iridologia di base , Xenia Ed.
(16) G. Nuti , Trattato di Iridologia Comparata , Tecniche Nuove
(17) A. Parodi , Storie della Medicina , Edizioni Comunità
(18) O. Sponzilli , Iniziazione all’Iridologia , Ed. Mediterranee
(19) W. Strehlow , La medicina di Santa Ildegarda , Ed. Mediterranee