Naturopata, Quale futuro?
di Maruo Camin
Si è tenuto a Desenzano un seminario di aggiornamento su argomenti di Naturopatia. L’evento intitolato: “Clinica naturopatica del Sistema Digerente” è stato organizzato dall’Accademia Nazionale Scienze Igienistiche Naturali “Galileo Galilei”, Scuola di Iridologia e Naturopatia “Luigi Costacurta” in collaborazione con Phytoitalia ed era destinato ai professionisti attivi. A.Na.Ir ha offerto ai suoi soci la possibilità di parteciparvi a titolo gratuito.
L’incontro si proponeva di riunire i Naturopati già Diplomati presso l’Accademia e dare loro degli strumenti clinici pratici. Il fine ultimo era creare un gruppo di professionisti attivi che possano fruire di più servizi.
Naturopati, come unirsi?
Il Dr. Abbiati nella sua introduzione ha esposto bene i rischi a cui il Naturopata si espone nella sua deriva verso l’isolamento. L’Accademia Nazionale Scienze Igienistiche Naturali “Galileo Galilei” è attiva da ormai trent’anni eppure, benché sia stata creata un’associazione A.Na.Ir, con lo scopo di mantenere i contatti, offrire la possibilità di aggiornamento e formazione continua e dare una copertura assicurativa, i Naturopati sembrano preferire la solitudine.
In questo modo, in un mercato che per di più si sta espandendo in modo convulso e disordinato, i rischi sono molti. Il primo è purtroppo quello, come ha sottolineato con una certa enfasi il Dr. Abbiati, di spegnersi come categoria professionale.
A.Na.Ir stessa stava morendo come associazione. La cosa è molto preoccupante in quanto mette in luce l’incapacità del Naturopata di comprendere ed adeguarsi alle regole di un mercato che cresce ed evolve velocemente. Non si vede nessuno spirito di aggregazione né sembra sentita la necessità di essere raccolti in un albo che tuteli i diritti fondamentali tra cui, non ultimo, essere distinti dalla gran massa di persone che si improvvisano terapeuti con una preparazione di dubbia qualità.
Il Naturopata occupandosi di salute dovrebbe aggiornarsi costantemente e costantemente confrontarsi con i colleghi.
Il Dr. Abbiati esprime molto bene quelle che sono le preoccupazioni di chi ha fondato questa scuola e che nell’approccio naturopatico ha sempre visto il futuro dell’educazione alla salute della prevenzione di quegli squilibri funzionali e metabolici che alla lunga portano inesorabilmente all’instaurarsi dello stato morboso.
Com’è il panorama attuale?
In effetti il panorama attuale mostra sempre di più quanto i nostri predecessori siano stati lungimiranti. La medicina cosiddetta ufficiale e il mondo scientifico in genere stanno indagando e studiando sempre più approfonditamente ambiti limitrofi e talvolta sovrapposti alle discipline naturopatiche. Finalmente la figura del paziente sezionato in ambiti ben confinati si sta ricomponendo anche agli occhi del medico e, ciò che conta ancora di più, anche gli aspetti psico-sociali vengono integrati nell’idea sempre più condivisa di salute.
Ciò che sorprende è come, in un panorama che parrebbe del tutto favorevole, la figura del naturopata sembri dissolversi e confondersi con una miriade di nuove figure professionali vaghe.
Ritorniamo alle nostre origini!
Un’affermazione di Abbiati che mi ha colpito per la sua semplicità e forza e sulla quale, credo, noi tutti dovremmo riflettere è questa: “Il Naturopata deve ritrovare e ritornare alla sua vocazione che ha le radici nella idro-fango-termo terapia”. Quanti di noi l’hanno dimenticato? Quanti sono stati affascinati e distolti da approcci simil farmacologici. Quanti preferiscono prescrivere integratori sempre più disparati, fantasiosi, costosi e, ahimè, il più delle volte inutili? Quante volte ci vengono proposte nuove molecole miracolose dalle sempre più numerose industrie che hanno visto nella rinascita della naturopatia una possibilità di espansione economica?
Le responsabilità del naturopata
Il Naturopata non può imitate l’approccio allopatico. Non può e non deve associare molecola a sintomo. Non è il sintomo che va ricercato e combattuto ma, come ci ha detto il Dr. Cristian Testa introducendo la sua relazione, la causa dello squilibrio di cui il sintomo è soltanto la punta dell’iceberg. Lo stesso sintomo può avere in persone diverse origini del tutto diverse e quindi il trattamento non può essere lo stesso, va personalizzato. Non possiamo cadere nella trappola dei protocolli. Il Naturopata non è un medico che cura o spegne i sintomi con le piante ma un professionista che guida la persona verso la riacquisizione consapevole della salute attraverso un cambiamento dello stile di vita. Ciò implica che non è il rimedio più comodo quello giusto.
Non possiamo far credere alle persone che prendendo una molecola di origine vegetale o minerale, secondo le stesse modalità con cui prima assumevano i farmaci, avranno un cambiamento nel loro stato di salute.
In naturopatia la responsabilità è condivisa. La persona che si rivolge al naturopata deve avere un atteggiamento attivo. Non si affida ciecamente al terapeuta ma comprende e fa proprie le regole fondamentali della salute. La condizione necessaria della cura naturopatica è la consapevolezza.
Anche i pazienti devono fare la loro parte
Non vogliamo pazienti che buttano giù granuli, perle, compresse, capsule, gocce ma persone che scelgano responsabilmente di prendersi carico della propria salute.
Il terapeuta è una guida, non un mago o una fattucchiera e la persona che vi si rivolge non è un pollo da spennare.
Anche l’aspetto diagnostico è fondamentale. In medicina si è visto come l’impoverimento delle abilità semeiotiche e di raccolta anamnestica abbia portato verso un abuso di mezzi e tecniche diagnostiche sempre più costose e/o invasive che oltretutto molte volte non si sono dimostrate risolutive.
Il naturopata dovrebbe avere strumenti semplici ed efficaci per arrivare ad un inquadramento diagnostico ed in particolare per identificare l’origine del quadro sintomatologico osservato.
I limiti della medicina moderna
Il Dr. Cristian Testa è stato molto chiaro nell’evidenziare una delle fonti di errore più diffusa e cioè l’errata interpretazione dei test laboratoristici e degli esami endoscopici. Testa ha posto l’accento sulla differenza tra marker di lesione e marker di funzione d’organo. Molti dei test più diffusi risultano positivi solo in caso di patologia conclamata e poco o nulla ci dicono sullo stato funzionale dell’organo in questione. Una volta instaurato un danno d’organo, una volta che una lesione si è resa manifesta, il caso diventa di competenza medica.
Il naturopata può consigliare delle strategie di supporto ma non può pensare di curare patologie potenzialmente gravi in autonomia mettendo così a rischio la stessa vita del malcapitato che a lui si è rivolto. Nella sua azione di supporto il naturopata deve essere ben consapevole di quali possano essere le interazioni tra la terapia assunta dal cliente e gli interventi naturo-igienistici che intende applicare. Molti alimenti, integratori, fitoterapici, gemmoderivati interferiscono con la cinetica dei farmaci. Tali interazioni non possono essere ignorate. Modificare l’emivita di farmaci salvavita o citotossici può causare danni irreparabili.
I limiti del Naturopata
Un ulteriore motivo di riflessione è dato dal fatto che molti naturopati non sanno neppure quali siano i limiti legali della professione. Di questo e dei rischi correlati all’esercizio improprio ci ha parlato il dott. Mario Rottigni.
In Italia non esiste una legge unitaria che regolamenti la figura del naturopata per cui la legge della regione Toscana e della regione Lombardia pur non facendo testo possono costituire precedente.
Isolamento, superficialità e presunzione portano molto probabilmente a incappare nella macchina giudiziaria che, una volta messa in moto, conduce nella migliore delle ipotesi ad una grossa perdita di serenità, tempo e denaro. Molti sono stati i casi illustrati in sala in cui il naturopata è stato perseguito a causa della sua totale ignoranza della legge.
Legge inadeguata
La situazione attuale è tale per cui da un punto di vista legislativo non sappiamo chi siamo ma piuttosto chi non siamo. Questo comporta una relativa libertà di movimento che si interrompe ove inizino i ben delimitati confini di altre professioni. Come dice Abbiati: “non dobbiamo pestare i piedi a nessuno”.
In sala sono state riportate spiacevoli esperienze di professionisti rinviati a giudizio per errori dovuti più alla superficialità che alla malafede. Il dott. Rottigni, così come avevano fatto gli altri relatori, ha enfatizzato l’importanza di trovare un’unione in modo da essere riconosciuti e tutelati come categoria. Insomma quello che per le altre professioni sembra ovvio e consolidato per il naturopata è ancora un miraggio.
Naturopata, quale futuro ci attende?
Il direttivo A.Na.Ir ha l’obiettivo di collaborare con chi si propone di ridare forza e visibilità alla figura professionale del naturopata. In particolare vuole promuovere incontri di aggiornamento e condivisione di esperienze professionali e creare una rete che avvicini le varie associazioni e gruppi di naturopati in ambito nazionale.
Quello di Desenzano voleva essere il primo di una serie di incontri dedicati e rivolti proprio ai professionisti attivi che sentono la necessità di crescere come categoria professionale.
Non possiamo peccare di presunzione. Non dobbiamo pensare di sapere già tutto. Dobbiamo incontrarci, aggiornarci, confrontarci e se non vogliamo scomparire dobbiamo avere un approccio scientifico. Abituarci a tenere e condividere le nostre esperienze e le nostre casistiche. Dobbiamo avere solide basi e soprattutto coerenti. Isolati siamo deboli e attaccabili. Rischiamo di cadere negli inganni del mercato e della nostra stessa ignoranza e perdere credibilità. Le nostre armi sono la conoscenza e la coesione che si raggiungono attraverso lo studio, l’aggiornamento, l’esperienza, la condivisione e soprattutto con umiltà.