Idrogenazione dei grassi e colesterolo
di Denis Tonet
Idrogenazione dei grassi
Dal punto di vista biochimico con il termine grassi (o lipidi) si intende un vasto gruppo di composti comprendenti: acidi grassi, trigliceridi, fosfolipidi e colesterolo.
Comunemente invece con il termine “grassi” si intendono prevalentemente i trigliceridi.
I trigliceridi hanno una struttura molecolare che assomiglia ad un pettine con tre denti: i denti sono gli acidi grassi (i componenti fondamentali) e la spina a cui sono uniti è una molecola chiamata glicerolo.
Gli acidi Grassi
La struttura di un acido grasso (uno dei tre denti del pettine) è formata essenzialmente da due parti (figura 2):
- dalla coda (la parte grassa, insolubile in acqua) che è una catena di varia lunghezza formata da atomi di carbonio legati tra loro e ciascuno dei quali è accoppiato generalmente a due atomi di idrogeno,
- dalla testa (la parte con caratteristiche acide, solubile in acqua) formata da un gruppo carbossilico.
Gli acidi grassi si distinguono in:
- saturi,
- monoinsaturi
- polinsaturi.
La distinzione è chimica ma come tra breve vedremo ha notevoli implicazioni pratiche.
Se nella “coda” sono presenti una o più coppie di atomi di carbonio uniti tra di loro da un doppio legame, l’acido grasso si definisce insaturo (figura 3)
-
Acido grasso saturo (un esempio è l’acido stearico): nessun doppio legame carbonio-carbonio nella sua molecola;
-
acido grasso monoinsaturo (un esempio è l’acido oleico): presenza di un doppio legame carbonio-carbonio nella sua molecola;
-
acido grasso polinsaturo: presenza di due o più doppi legami carbonio-carbonio nella sua molecola (un esempio è l’acido linoleico con due doppi legami e l’acido linolenico (non presente in figura) con tre doppi legami):
Dalla figura 3 si può notare che nel punto in cui si ha la presenza di un doppio legame carbonio-carbonio la molecola “si piega”, mentre in assenza di doppi legami carbonio-carbonio la molecola è lineare.
E’ proprio questa diversa forma delle molecole a conferire una delle più importanti caratteristiche agli acidi grassi: la consistenza. Se la forma è lineare le molecole si impaccano bene e a temperatura ambiente il grasso è solido; viceversa, se la forma è piegata, le molecole non si impaccano bene e a temperatura ambiente il grasso è liquido (oli).
I doppi legami carbonio-carbonio (se presenti nella molecola dell’acido grasso) conferiscono anche un’altra importantissima proprietà: la conservabilità.
La presenza del doppio legame carbonio-carbonio rende la molecola dell’acido grasso che la contiene, più facilmente deteriorabile e ossidabile da parte di agenti quali luce, calore e ossigeno. Più doppi legami sono presenti nella molecola più “delicato” è il grasso e più difficoltosa la sua conservazione.
Gli acidi grassi difficilmente sono liberi: con la dieta li assumiamo sotto forma di trigliceridi (il grasso comunemente detto). Quindi quando si parla di grassi saturi o insaturi ci si riferisce alla presenza in percentuale rispettivamente di acidi grassi saturi o insaturi nella composizione del trigliceride.
Nella figura 1 il trigliceride rappresentato è composto da due acidi grassi saturi ed un acido grasso monoinsaturo.
tipo di grasso |
consistenza a temperatura ambiente |
conservabilità |
fonti |
---|---|---|---|
saturo |
solido |
buona |
Alimenti di origine animale: quindi nei grassi animali (strutto, burro, parte grassa delle carni) e nei formaggi Alimenti di origine vegetale: olio di palma, olio di palmisti ,olio di cocco |
monoinsaturo e polinsaturo |
liquido |
da bassa a scarsa, più sono saturi e più sono difficili da conservare. (pericolosi se rancidi) |
Alimenti di origine animale: Generalmente nel pesce (sgombro, sardine, alici, ecc.) Alimenti di origine vegetale: olio di oliva, sesamo, girasole, lino, cartamo, soia, colza, ecc |
L’idrogenazione dei grassi
Alcuni oli di semi sono molto economici da ottenere. La maggior parte di questi oli ha un elevato contenuto di grassi polinsaturi, caratteristica questa che ne rende difficoltosa la conservazione.
Anche se poco costosi, questi oli non sono economicamente vantaggiosi perché non possono entrare come ingredienti in prodotti che devono durare a lungo. Per poter stare per tanto tempo sullo scaffale dei supermercati bisogna che i grassi usati per confezionare il prodotto non contengano troppi grassi insaturi. Perché non “trasformare” allora i doppi legami carbonio-carbonio presenti nella molecola del grasso in singoli legami carbonio-carbonio? E’ la presenza di questi doppi legami che rende instabile e poco conservabile questo tipo di grassi. E da questa “trasformazione” cosa si otterrebbe? Una molecola formata da singoli legami carbonio-carbonio, cioè un grasso saturo e quindi più conservabile. Questa “trasformazione” esiste e si chiama saturazione o idrogenazione.
L’idrogenazione è quindi un processo industriale che sostituisce in parte, nei grassi parzialmente idrogenati, o totalmente nei grassi totalmente idrogenati, i doppi legami carbonio-carbonio presenti nel grasso insaturo di partenza, con singoli legami carbonio-carbonio. Il prodotto finale di questo processo è un grasso saturo e quindi solido. La margarina ne è un esempio.
Il tutto per avere un grasso a buon mercato e che si conservi per tanto tempo (figura 4).
Il processo di idrogenazione richiede la presenza di catalizzatori metallici (nickel, alluminio), temperature superiori ai 200 °C e idrogeno gassoso.
Se il processo non prevede l’idrogenazione totale ma parziale (grassi parzialmente idrogenati), non tutti i doppi legami vengono sostituiti con singoli legami. Vuol dire che nel prodotto finale restano ancora dei doppi legami.
Qui sta il punto più importante di tutto il discorso. Le molecole in cui sono rimasti i doppi legami restano insature. Alla fine di un processo di idrogenazione parziale si ottiene quindi una parte di grasso saturo e una parte di grasso insaturo (figura 5 e 6). Questo grasso insaturo che rimane nel prodotto finale, a causa dell’alta temperatura raggiunta durante il processo è diverso da quello di partenza (figura 5): passa dalla forma detta “cis” alla forma detta “trans” (figura 5). In pratica il doppio legame carbonio-carbonio fa “mezzo giro” e la molecola da “piegata” si ritrova “lineare”.
Quindi i “grassi parzialmente idrogenatati” sono composti da: grasso saturo e grasso insaturo “trans”; le loro molecole sono entrambe lineari (figura 6). Ciò significa che in termini di consistenza a temperatura ambiente i due grassi sono entrambi solidi.
Il problema è che in natura di grassi detti “trans” ce n’è una piccola quantità, esistono quasi esclusivamente nella forma detta “cis”. Per questo il nostro organismo non li metabolizza correttamente e cerca di utilizzarli come se fossero dei grassi “cis”. Questo causa problemi di interferenza in molte e importanti reazioni
metaboliche e un impatto negativo sul metabolismo del colesterolo.
Grassi “trans” sono presenti in alimenti che recano in etichetta ingredienti come: “grassi idrogenati o parzialmente idrogenati”o “margarina”. Ma anche “grassi vegetali”e “oli di semi ed oli vegetali” non meglio identificati è possibile che abbiano subito un processo di idrogenazione.
Il colesterolo
Il colesterolo, che fa sempre parte della grande categoria dei grassi, è una sostanza indispensabile al nostro corpo. E’ paragonabile ad un “coltellino svizzero”: può svolgere molte funzioni.
Per citarne alcune:
-
dal colesterolo vengono prodotti i sali biliari che servono a digerire i grassi,
-
è fondamentale per la produzione di molti ormoni (es. ormoni sessuali),
-
interviene nella produzione di vitamina D nella pelle,
-
fa parte della struttura delle membrane cellulari (serve a dare consistenza),
-
ecc.
Ma se è tanto utile, perché allora è tanto temuto e pericoloso?
Dal punto di vista biochimico ci sono alcuni aspetti da tenere in considerazione:
-
E’ il colesterolo presente nel sangue ad essere pericoloso non quello all’interno delle cellule. Una volta che il colesterolo è entrato all’interno delle cellule, là svolge le sue preziose funzioni ma, finché è in circolazione nel sangue e soprattutto in eccesso, tende a depositarsi sulla parete delle arterie iniziando così un processo di occlusione che può portare col tempo a patologie cardiovascolari.
-
Il colesterolo presente negli alimenti non fa aumentare di molto il colesterolo nel sangue. Buona parte del colesterolo viene prodotto dal nostro corpo a partire da grassi e zuccheri.
-
Non esiste colesterolo buono e colesterolo cattivo: di colesterolo ce n’è uno solo, è il modo in cui viene trasportato che fa la differenza.
Esaminiamo meglio i precedenti punti.
Le cellule quando hanno bisogno di colesterolo sono in grado di produrlo al loro interno, anche se in condizioni normali preferiscono riceverlo attraverso il sangue.
Il fegato produce buona parte del colesterolo in circolo nel sangue (figura 7) partendo dalla materia prima (Acetil-CoA) la quale può essere ottenuta da zuccheri e grassi. Oltre alla materia prima è indispensabile la presenza dell’enzima (HMG-CoA reduttasi).
LDL e HDL
Il colesterolo essendo un grasso, nel sangue, che è una soluzione acquosa, non si “scioglie”.
Per essere “sciolto” e quindi trasportato, il fegato lo deve prima “incapsulare” in un contenitore formato da lipoproteine di trasporto. Queste lipoproteine di trasporto assieme a trigliceridi e colesterolo formano un unico contenitore il quale inviato dal fegato al sangue, può arrivare ai tessuti che ne hanno bisogno.
Dopo aver rilasciato parte dei trigliceridi di cui era composto alle varie cellule, questo contenitore si trasforma in LDL (lipoproteine a bassa densità) ed inizia a rilasciare il colesterolo. Sono queste LDL (che sono piccole) ad essere pericolose (il cosiddetto colesterolo cattivo) per la loro tendenza a depositarsi sulla parete delle arterie, se sono in eccesso.
Il destino di queste LDL è rappresentato in figura 8.
Un caso favorevole si ha quando le LDL incontrano altre lipoproteine di trasporto, le HDL (lipoproteine ad alta densità) che riportano le LDL di nuovo al fegato il quale le “smonta” e può decidere se riutilizzare oppure smaltire il colesterolo in eccesso.
Le LDL (piccole) distribuiscono il colesterolo alle cellule, le HDL (grandi) ripuliscono il sangue dalle LDL in eccesso funzionando da spazzini (il cosiddetto colesterolo buono), ma fanno quello che possono: se le LDL sono tante e le HDL poche, questo lavoro di pulizia non è molto efficace. Ecco perché è importantissimo il rapporto tra LDL ed HDL. Un rapporto LDL/HDL=3 o minore è ottimale. In altri termini è meglio che per ogni HDL non ci siano più di tre LDL.
Un altro caso favorevole si ha quando le cellule hanno bisogno di colesterolo; se la cellula non lo produce da sé porta sulla sua superficie dei recettori che hanno il compito di prendere le LDL dal sangue e portarle al suo interno.
Una volta che le LDL sono all’interno della cellula non c’è più pericolo. Più recettori ci sono sulla superficie della cellula e più LDL vengono rimosse dal sangue (è una pulizia paragonabile a quella che fanno le HDL).
Altro destino delle LDL è quello più temuto: si depositano sulla parete delle arterie causando quanto detto sopra.
Infine le LDL nel sangue si possono ossidare per carenza di antiossidanti, presenza di radicali liberi, ecc. Se ossidate le LDL non vengono più riconosciute dai recettori sulla superficie cellulare, non possono quindi più essere utilizzate ed il loro destino è, come prima, quello di depositarsi sulla parete delle arterie.
La maggior parte del colesterolo che l’organismo utilizza non è di origine alimentare ma autogena; il fegato è il maggior produttore. Per produrre colesterolo sono necessari: la materia prima (Acetil-CoA) e la presenza dell’enzima HMG-CoA redattasi), questo non solo per il fegato ma per qualsiasi cellula.
Una eccessiva assunzione di grassi e zuccheri, che possono venire trasformati in Acetil-CoA, rende disponibile molta materia prima.
Gli Enzimi
Per quanto riguarda l’enzima, come tutti gli enzimi può essere indotto o inibito.
Se indotto produce molto colesterolo, se inibito ne produce poco.
Enzima inibito
significa meno colesterolo prodotto e anche maggior rimozione delle LDL dal sangue. Infatti se l’enzima è poco attivo, è poco attivo anche all’interno delle cellule. La cellula producendo per sè meno colesterolo e dovendo prendere il resto dal sangue porta in superficie più recettori.
Enzima indotto
significa al contrario più colesterolo prodotto ma anche minor rimozione delle LDL dal sangue. Infatti se l’enzima è molto attivo, le cellule producono al loro interno, per il loro fabbisogno, un po’ più di colesterolo, portano in superficie meno recettori.
Tra gli induttori dell’enzima troviamo l’ormone insulina. Gli alimenti ad alto indice glicemico, ad esempio zuccheri semplici, inducono un aumento della concentrazione di insulina.
Tra gli inibitori dell’enzima troviamo l’ormone glucagone e l’acido butirrico. Quest’ultimo viene prodotto nel colon, partendo dalla fibra alimentare, per fermentazione batterica.
Ad esempio la fibra alimentare, solubile ed insolubile, riduce la colesterolemia in modi diversi:
-
dalla sua fermentazione si formano inibitori della sintesi del colesterolo, es. l’acido butirrico che inibisce l’enzima HMG-CoA reduttasi
-
rallenta l’assorbimento degli zuccheri (evita il picco di insulina)
-
riduce l’assorbimento di colesterolo e di sali biliari: costringe a produrre altri sali biliari, consumando colesterolo.
La logica conseguenza è che alimenti che inducono picchi di insulina (bevande zuccherate, zuccheri semplici, eccesso di cereali raffinati sotto varie forme, ecc) aumentano la colesterolemia.
Purtroppo i grassi “trans” di cui accennavo nella prima parte, tendono a far aumentare le LDL e a far diminuire le HDL.
Grassi diversi hanno funzioni ed effetti diversi sul nostro organismo
I grassi presenti nel nostro organismo possono avere due diverse origini: assunti direttamente con la dieta dagli alimenti che ne contengono, oppure indirettamente attraverso le vie metaboliche, grazie alla trasformazione di altre sostanze non grasse come i carboidrati (zuccheri) e le proteine. Ad esempio gli zuccheri in eccesso vengono convertiti in grassi, trasportati sotto forma di trigliceridi e immagazzinati.
Il corpo può inoltre trasformare certi tipi di grassi in altri tipi di grassi. Ci sono però due acidi grassi che il corpo non riesce a produrre e che è quindi costretto ad assumere con la dieta in modo costante ed adeguato: l’acido linoleico e l’acido alfa-linolenico. Proprio perché l’organismo non è in grado di produrli vengono detti acidi grassi essenziali.
La distinzione dei grassi in saturi, monoinsaturi e polinsaturi, vista la volta precedente, non è sufficiente per stabilire la funzione e gli effetti di tali grassi sul nostro organismo. Ad esempio, i due acidi grassi essenziali, l’acido linoleico e l’acido alfa-linolenico, entrambi polinsaturi, hanno effetti opposti su alcune funzioni metaboliche, pur appartenendo alla stessa categoria. Abbiamo quindi bisogno di una distinzione ulteriore.
Tratteremo più in dettaglio gli acidi grassi saturi e gli acidi grassi insaturi (monoinsaturi e polinsaturi).
Grassi insaturi: la serie omega-3 ,omega-6 e omega-9.
Un acido grasso è formato da una testa e da una coda. La testa è uguale per tutti gli acidi grassi mentre è la coda che li distingue. La coda è formata da una catena più o meno lunga di atomi di carbonio (puntini in nero in figura).
In questo esempio gli atomi di carbonio sono 18. Inoltre notiamo la presenza di un doppio legame C=C cis. Proprio a causa del doppio legame C=C la molecola è piegata. Si tratta quindi di un acido grasso monoinsaturo a 18 atomi di carbonio, è l’acido oleico: l’acido grasso presente in percentuale maggiore nell’olio di oliva)
Dal punto di vista biochimico, di un acido grasso insaturo è molto importante sapere “dove” si trova il primo doppio legame C=C a partire dalla coda. Qual è cioè, il primo atomo di carbonio, partendo dalla coda, impegnato in un doppio legame C=C.
L’ultimo carbonio della coda lo indico per convenzione con l’ultima lettera dell’alfabeto greco, omega (ω) e da questo comincio a numerare a partire da 1 gli altri atomi di carbonio.
Nell’esempio di figura, a partire dal carbonio 1 (ω1) per trovare il primo doppio legame, e in questo caso anche l’unico, arrivo fino al carbonio 9 (ω9). Questo acido grasso, acido oleico, fa parte perciò della serie ω9 (omega-9)
Che struttura avrà un acido grasso della serie ω6 (omega-6)?
Avrà il primo doppio legame C=C nel carbonio in posizione 6 a partire dalla coda. Ecco un esempio:
L’acido linoleico (sigla LA) è un acido grasso polinsaturo che fa parte della serie ω6.
In questo caso c’è anche un altro doppio legame C=C in posizione 9, ma è il primo a partire dalla coda che determina la famiglia di appartenenza.
Nella prossima figura è riportata la struttura dell’acido α-linolenico (sigla ALA): vediamo a quale serie appartiene.
Notiamo che dei tre doppi legami C=C presenti nella molecola, il primo a partire dalla coda si trova in posizione 3. Si tratta quindi di un acido grasso polinsaturo che fa parte della serie ω3.
Abbiamo visto finora un rappresentante per ogni serie. Naturalmente ad ogni serie ω3, ω6 e ω9 appartengono molti altri acidi grassi.
Acido linoleico e acido α-linolenico rientrano entrambi nella stessa categoria degli acidi grassi polinsaturi. Il primo però è un omega-6, mentre il secondo è un omega-3 e ciò, come vedremo tra breve, rappresenta una notevole differenza.
Questi due acidi grassi, una volta assunti con la dieta, possono essere trasformati per via enzimatica in altri acidi grassi della stessa serie. Cioè, dall’acido linoleico, un ω6, si ottengono altri acidi grassi della serie ω6 e dall’acido α-linolenico, un ω3, si ottengono altri acidi grassi della serie ω3.
La serie ω3
I principali acidi grassi della serie ω3 che si ottengono a partire dall’acido α-linolenico sono l’EPA e il DHA.
Ottime fonti di acido α-linolenico sono l’olio di semi di lino e i semi di lino.
Dall’acido α-linolenico (ALA) viene sintetizzato l’EPA e da quest’ultimo viene sintetizzato il DHA.
Nell’ordine: ALA EPA DHA. Questa sintesi è limitata, non è molto efficiente e tende a calare con l’avanzare dell’età, per cui è utile integrare questi grassi con la dieta.
EPA e DHA sono presenti in abbondanza nei pesci che vivono in acque fredde, pesce azzurro e salmone.
Si trovano inoltre nelle alghe che vegetano in acque fredde.
Gli acidi grassi della serie ω3 ed in particolare l’EPA ed il DHA sono molto efficaci nel ridurre i trigliceridi e nel promuovere la fluidità del sangue
La serie ω6
Il principale derivato della serie ω6 che si ottiene a partire dall’acido linoleico (LA) è l’acido arachidonico (AA).
Ottime fonti di acido linoleico sono i semi oleosi e gli oli di semi in generale.
Il rapporto ω3 / ω6
I grassi delle due famiglie ω3 e ω6, hanno funzioni diverse importantissime che si bilanciano a vicenda.
Gli ω6 abbassano la colesterolemia riducendo i livelli di LDL, e questo sarebbe un bene se non fosse che riducono un po’ anche le HDL. Mentre hanno una bassa efficacia nel ridurre i trigliceridi.
Gli ω3 sono molto efficaci nel ridurre i livelli di trigliceridi nel sangue e nel promuovere la fluidità del sangue, mentre hanno una più bassa efficacia nel ridurre i livelli di colesterolo, anche se hanno l’effetto positivo di aumentare leggermente le HDL.
Dai grassi della serie ω3 vengono sintetizzati in prevalenza composti che hanno effetti antinfiammatori, antitrombotici, antiaggreganti, ipotensivi e che tendono ad abbassare leggermente la forza immunitaria.
Al contrario dai grassi ω6 si originano composti che hanno in prevalenza effetti opposti: favoriscono la risposta infiammatoria, l’aggregazione piastrinica, le reazioni allergiche e tendono ad aumentare la forza immunitaria.
Per molti versi dagli omega-3 ed dagli omega-6 si originano composti che promuovono funzioni differenti ed opposte, ma comunque indispensabili.
Nessuna di queste funzioni è di per sé positiva o negativa: il buon funzionamento dell’organismo dipende dall’equilibrio ed i grassi di queste due famiglie devono coesistere nella giusta proporzione ed equilibrarsi a vicenda.
Un acido grasso omega-3 non può trasformarsi in un acido grasso omega-6 e viceversa.
Quindi con la dieta queste due famiglie di grassi devono essere presenti nella giusta proporzione.
Assumendo troppi ω3 e pochi ω6 o viceversa assumendo pochi ω3 e troppi ω6 si provocano squilibri ed effetti negativi per la salute.
Con una dieta “di tipo occidentale” questo rapporto è nettamente sbilanciato a favore degli ω6.
Infatti nell’ultimo secolo, una delle più importanti modifiche nella dieta dell’uomo, è avvenuta proprio a carico dei grassi. C’è stato un incremento dei grassi saturi e dell’ acido linoleico (LA) della serie ω6 e una diminuzione dei grassi della serie ω3 (ALA, EPA, DHA)
Il rapporto quantitativo ottimale ω3/ω6 è circa ¼ .In altre parole: per ogni parte di ω3, circa quattro parti di ω6 rappresentano la giusta proporzione.
Effetti su colesterolo e trigliceridi |
Serie |
Acido grasso |
|
---|---|---|---|
Molto efficaci per ridurre il livello dei trigliceridi e per promuovere la fluidità del sangue. Poco ipocolesterolemizzanti |
ω3 |
ALA acido α-linolenico |
essenziale |
EPA acido eicosapentaenoico |
|||
Molto ipocolesterolemizzanti: riducono LDL ma un po’ anche le HDL. Poco efficaci nel ridurre il livellodei trigliceridi |
ω6 |
LA acido linoleico |
essenziale |
AA acido arachidonico |
|||
Riduce LDL e non interferisce con le HDL: forse il miglior effetto sul colesterolo |
ω9 |
acido oleico |
Grassi saturi: acido stearico, palmitico, miristico e laurico.
Gli acidi grassi saturi per definizione non contengono doppi legami C=C, ma solo singoli legami C-C. La molecola è lineare e i diversi acidi grassi saturi si differenziano solo per il numero di atomi di carbonio presenti.
Questi grassi sono solidi a temperatura ambiente. La figura seguente ne elenca alcuni di interesse alimentare:
Se in eccesso aumentano il rischio di aterosclerosi e malattie cardiovascolari. Per quanto riguarda il colesterolo ad esempio, non tutti i grassi saturi hanno lo stesso impatto: essi tendono ad aumentare le LDL ma non tutti con la stessa forza. I “più pericolosi” da questo punto di vista sono in ordine crescente: acido laurico, palmitico e miristico, mentre l’acido stearico ha un effetto abbastanza neutro sulla colesterolemia.
I grassi saturi sono presenti sia in alimenti di origine animale che in alimenti di origine vegetale.
Gli oli di palma, di palmisti e di cocco contengono in prevalenza grassi saturi composti in maggior parte da acido palmitico e miristico. Questi grassi tropicali sono molto diffusi nell’industria alimentare, perché molto economici e di lunga conservazione. Spesso nella lista degli ingredienti di un prodotto, vengono semplicemente riportati con la dicitura “oli vegetali”.
Quindi, tra gli alimenti ricchi in grassi saturi, sono da preferire quelli che in percentuale sono composti prevalentemente da acido stearico.
Nota
Gli schemi e i disegni delle molecole sono stati realizzati dall’autore.
Bibliografia:
Appunti da lezione di biologia e chimica organica
Raul Vergini – Grassi che curano, grassi che ammalano – Società editrice Andromeda
Campbell, Farrell – Biochimica – EdiSES terza edizione
http://www.sio-triveneto.it/Pocket%20Review/PR-TransFattyAcids.pdf
http://www.news-medical.net/health/Trans-Fat-Regulation-%28Italian%29.aspx
Catani, Savini – Appunti di biochimica per le lauree triennali –Piccin
Mario Rippa – Fondamenti di chimica – Italo Bovolenta Editore
Michele Samara – Corso di Biochimica per le lauree sanitarie – Piccin
http://www.cuore.iss.it/ sito dell’ Istituto Superiore di Sanità
Comunicati Andromeda – Carta2000 Bologna
American Journal of Therapeutics (2008) – Clinical Overview of Algal-Docosahexaenoic Acid: Effects on Triglyceride Levels and Other Cardiovascular Risk Factors – Alan S. Ryan, PhD, Michelle A. Keske, PhD, James P. Hoffman, MD, and Edward B. Nelson, MD, PhD
Caramia G. – Ruffini E. – L’acido docosaesaenoico (DHA): aspetti fisiopatologici e prospettive terapeutiche – Azienda Ospedaliera Materno-Infantile “G. Salesi” – Ancona